Nulla è più attuale del dibattito sulla condizione della Donna e sulla violenza che deve subire nella società contemporanea; eppure a noi pare che mai l’”Altra Metà del Cielo” abbia goduto di dignità, libertà e rispetto come oggi.
Con un poco di umiltà possiamo invece trovare, nei documenti che l’Antico Egitto ci ha lasciato, qualche elemento veramente sorprendente; scopriremo come quella Società seppe dare alla Donna quei diritti, rispetto, salvaguardia e considerazione che, forse, le furono restituiti solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e solamente nel mondo occidentale.
Ascoltate:
Il sacerdote di Thot Petosiri così descrive la sua amata moglie Renpetnofret “ La mia sposa, la mia amata, sovrana di grazia, dolce d’amore, dalla parola che aiuta, piacevole nei suoi discorsi, utile di consigli nei suoi scritti; tutto ciò che esce dalle sue labbra è conforme al volere di Maat ( concetto complesso che unisce Giustizia a Buona Condotta), donna perfetta, assai considerata nella sua città, essa tende la mano a tutti, dicendo ciò che è bene, ripetendo ciò che si deve amare, compiacendo ciascuno”
Siamo verso il 350 AC e si tratta di uno degli ultimi documenti che raccontano il ruolo femminile per come fu sin dagli albori, verso il 3000 AC.
Ancora qualche anno e arriverà il conquistatore, Alessandro il Grande, che accompagnerà il paese verso l’ellenismo e incomincerà a relegare la donna nel gineceo.
Le tombe sin dalla III Dinastia 2700 AC hanno quasi sempre statue di coppia dove la moglie, in piedi o seduta, sta accanto al marito che le tiene le reni mentre lei con un braccio le cinge la spalla; è uguale a lui in dignità come in diritto.
Una delle innumerevoli statue, la numero 42206 del Museo Egizio di Torino, riporta questa iscrizione:
“Il nostro desiderio è di riposare insieme. Dio non può separarci. Com’è vero che tu vivi, io non ti abbandonerò prima che tu non sia stato lasciato da me ( che io muoia).
Noi non vogliamo altro che starcene, ogni giorno, in pace, senza che ci sopraggiunga nessun male.
Assieme andremo al Paese d’Eternità, perché i nostri nomi non siano dimenticati. Come sarà bello il momento in cui si vedrà la luce del Sole, eternamente, come signori della Necropoli “
Il Papiro Leida I 371 riporta una delle frequenti Lettere ai Morti ( una sorta di messaggio/preghiera che veniva posto nella tomba perchè il defunto fosse rassicurato sui sentimenti del sopravvissuto).
Ecco parte del testo:
“Io ti ho preso sposa quando ero giovane e ho sempre vissuto con te; stando con te ho fatto il mio dovere; io non ti ho mai abbandonata e non ti ho mai nascosto nulla durante la nostra vita insieme; io non ti ho dato mai alcun dispiacere, come se fossi un padrone, durante tutto il periodo della mia vita con te. Tu non puoi dire che io ti abbia mai offesa in modo volgare, entrando in un’altra casa”
Tutto questo viene scritto in una società dove il divorzio era diritto di entrambi, con la garanzia reciproca di rientrare in possesso del patrimonio personale alla fine del matrimonio.
Il marito egiziano sposava la donna amata e lo stesso accadeva per la sua compagna ( salvo che nella famiglia reale per ovvi obblighi dinastici); non mancano esortazioni a sposare un uomo ( o viceversa una donna) saggio e non solo ricco.
L’amore era comunque il sentimento che, per gli antichi egiziani, stava alla base del rapporto fra donna e uomo.
Con una semplice annotazione, che precisa come il termine “ Senet”, “ Sorella” sia spesso usato nella lingua familiare con il significato di sposa, compagna, fidanzata, ascoltate questa poesia tratta dal Papiro Chester Beatty:
“l’unica,la sorella,la senza pari,più bella di tutte, ecco, guardala, è come la stella fulgente all’inizio di una bella annata.
Lei, che splende di perfezione, brillante di pelle, con gli occhi belli quando guardano, con le labbra dolci quando parlano, essa non ha una parola di troppo;
Lei che ha alto il collo, il petto luminoso, con capelli di veri lapislazzuli, le cui braccia superano ( lo splendore) dell’oro, le cui dita sono come boccioli di loto. Lei, che ha languide le reni, strette le anche, le cui gambe nascondono la bellezza, il cui passo è pieno di nobiltà quando posa i piedi sul suolo, con il suo abbraccio mi prende il cuore.
Essa fa che la nuca di di ogni uomo si volga per guardarla.
Ognuno che essa abbraccia è felice, si sente il primo degli uomini.
Quando esce dalla sua casa, è come si vedesse “ Colei che è Unica” “.
Questi versi raccontano di un amore che a tratti è trasfigurato e quasi etereo ( Dante, Petrarca) ma che in verità è completo di una forte componente sensuale e carnale.
Giorgio Venturini