SA n Ht ( Sinuhe l’Egiziano), la perfetta metafora del concetto di Maat nel sentire comune.
La rappresentazione più comune e diffusa che il grande pubblico ha della Cultura e della Società Antico Egiziana è quella di un popolo ossessionato dalla sua religione e dominato dal senso della morte.
Ricerche archeologiche
D’altra parte si può comprendere che una prima lettura delle ricerche archeologiche, basata sul ritrovamento di migliaia e migliaia di tombe e monumenti funerari di ogni forma, dimensione e ricchezza, quasi sempre ricoperti di testi religiosi e scaramantici, possa indicare al neofita la natura quasi maniacale degli Antichi Egiziani.
Eppure la spropositata prevalenza di ritrovamenti funerari rispetto a quelli civili dipende esclusivamente da due fattori: le tombe,destinate a essere dimore per l’eternità dei defunti, erano costruite in materiali non deperibili ( pietra di ogni tipo e natura), o scavate nella viva roccia, così come i Templi, dimora degli Dei, mentre le costruzioni civili, financo palazzi reali e fortezze, erano costruite con mattoni di fango essiccati al sole. Le costruzioni civili, inoltre, venivano rinnovate di continuo man mano che il tempo le disfaceva, costruendo il nuovo abitato sulle rovine del precedente e cancellando quindi ogni traccia del passato.
Gli scavi e gli studi instancabili di archeologi e storici, sviluppati quasi esclusivamente durante gli ultimi due secoli, hanno invece rivelato che la Cultura Egizia era di una complessità sorprendente e che, lungi dall’essere dominata da un lugubre senso della morte, era invece pervasa da una strenua, incessante ed entusiasta apoteosi della vita.
La religione
In verità la Religione pervadeva la Società e ne scandiva il tempo attraverso innumerevoli riti e festività ( senza arrivare a 4000 anni fa si pensi alla pervadenza della religione nel Medio Evo europeo o alle guerre di religione con contorno feroce e sanguinario della Santa Inquisìzione scomparsa solo da quattro secoli scarsi ), ma si trattava di uno degli aspetti valoriali di quel popolo, non l’unico. D’altra parte si tenga anche conto del fatto che il Faraone, garante e responsabile della operosa e civile convivenza dei cittadini, fu investito già dagli inizi di natura semidivina e, talvolta, decisamente trascendente.
In realtà la Società Civile Egizia aveva un sistema di valori complesso e multiforme, condito da una grande dose di saggezza, da un sentito senso di Giustizia e da un forte bagaglio di conformismo tradizionalista.
Il Giudizio, la Psicostasia
Consiglio a tutti di leggere attentamente il testo delle 42 domande poste al defunto da altrettanti giudici, nel momento più importante della sua vita, quando deve accedere alla vita ultraterrena e un severo tribunale divino valuta il comportamento dell’individuo durante la sua vita terrena, prima di consentire alle sue anime ( Ka, Ba e Akh) l’accesso all’aldilà.
Si noterà che sono molto poche le domande relative al rispetto di puri obblighi religiosi, sei o sette, mentre la predominanza dei quesiti riguarda il comportamento dell’individuo rispetto agli obblighi di rispetto, solidarietà e condivisione verso gli altri esseri umani. Molto importanti, poi, le domande relative al buon comportamento “politico”; l’individuo doveva accettare e condividere di buon grado l’ordine costituito e i suoi rappresentanti e riconoscere senza esitazioni il valore della “ STABILITA’”, garanzia assoluta di pace sociale e serena convivenza.
La somma di questi valori era racchiusa nell’essenza di una Dea particolare, la più astratta delle divinità, che non aveva grandi Templi o luoghi di culto ( solo qualche tempietto o edicola qua e là): la Dea Maat, donna con una piuma sulla testa a emblema di leggerezza dell’anima.
La Fondazione
Non dobbiamo dimenticare che lo Stato Egizio nasce intorno al 3200 AC attraverso la riunificazione manu militari dei molti stati, staterelli e città stato di cui era composta la valle, dall’Odierna Assuan al Delta. Questo essenziale atto politico significò molte cose, ma soprattutto pace, sicurezza, benessere, stabilità e fiducia nel futuro. Non ci deve stupire, pertanto, come nel sentimento ancestrale di ogni egiziano di allora, e così per tutti i trenta secoli successivi, la Stabilità e la Garanzia delle istituzioni, in primis il Re quale tramite degli Dei per il governo dell’Egitto, rappresentassero una sorta di tabù intangibile e non rinunciabile.
Il valore dell’efficienza
L’antico Egitto fu sin dalla III Dinastia lo Stato più prospero, pacifico e tollerante tra le molte altre realtà che rappresentavano il mondo allora conosciuto: il bacino del Mediterraneo con le sue isole, le terre desertiche ad ovest, le prime propaggini dell’Africa Nera a sud e ll mondo variegato, inquieto e instabile a Nordest: Palestina, Fenicia, Mesopotamia, Siria e Anatolia.
Consenso e sicurezza
Ogni egiziano, anche il più umile contadino, ne aveva in qualche misura consapevolezza e, mentre ne traeva orgoglio e senso di superiorità rispetto agli stranieri, viveva dentro il profondo del suo sentire, il timore per l’eventuale crollo delle sue certezze, per ogni evento che contraddicesse il valore assoluto in cui si rifugiava la sua sicurezza esistenziale e che avrebbe provocato il temuto ritorno del Nun, il Caos primordiale, attraverso l’abbandono da parte degli Dei di un Egitto dimostratosi indegno e ingrato.
Se non partiamo da questa succinta analisi, infatti, ci sarà difficile comprendere alcuni passi della letteratura egizia che, per molti versi, possono apparire alla nostra smaliziata cultura occidentale astrusi e spropositati nei comportamenti dei protagonisti.
Un prezioso strumento per conoscere
Prendiamo ad esempio la parte iniziale del più famoso racconto della narrativa egizia: La storia di Sa n ht ( maltradotto in Sinuhe e significante “ il Figlio del Sicomoro”) e della sua vita.
La vicenda si svolge all’inizio della XII Dinastia ( 2000 AC, più o meno), e il nostro Sa n ht, è un giovanissimo nobile egiziano al seguito del Principe Sesostri, che guida un contingente egiziano inviato nel deserto libico per punire le tribù di predoni che devastano incessantemente i villaggi dei territori ad ovest e delle fertili Oasi.
Durante il percorso di rientro dell’esercito, mentre ci si riposa in una sosta, arriva dalla capitale un trafelato messo di palazzo, che si rinchiude con la massima riservatezza nella tenda di Sesostri. Sa n ht, per puro caso, si trova in prossimità della tenda ( lui ci precisa: “….ero lì, ma discosto….”) e non riesce a fare a meno di ascoltare il messaggio che, a posteriori, avrebbe preferito mai udire!
Quando il mondo gli crollò addosso
Il messo porta al Principe la notizia della morte del padre, il Faraone Amenemat I, per mano omicida.
Sesostri ha una reazione razionale e determinata: convoca i fratelli che al suo comando seguivano la spedizione, ingiunge ai pochi a conoscenza dell’evento il totale silenzio e la segretezza nei confronti dei soldati e parte con un drappello di truppe fidate alla volta della capitale.
Sa n ht, invece, vive in modo drammatico quanto sta succedendo: non sa neppure lui il perché, ma il terrore lo travolge. Sa bene, dopotutto, di non poter essere in qualche modo coinvolto nella congiura, essendo una sorta di scudiero del Principe sempre al suo seguito, ma la sola evocazione dell’infamia, del più esecrabile dei delitti con il crollo delle sue certezze e il vuoto intorno ai suoi valori è cosa a cui non può reggere, e fugge. La sua è una fuga senza meta, verso terre lontane dall’Egitto per un volontario, incolpevole ma desolato esilio.
Chiave di lettura
Proprio questo racconto è la chiave di lettura del complesso sistema di equilibrio che regge la percezione esistenziale di un antico Egiziano: l’assassinio del Faraone sconvolge la “ Maat”, che non è solo giustizia ma anche ordine universale; Sa n ht a sua volta sconvolge la “Maat” perché nella fuga viene meno ai suoi doveri di scudiero del Principe e perché non affronta la prova di coraggio che gli compete fuggendo presso una primitiva tribù di beduini. Non importa che nel suo esilio egli possa ottenere onori e riconoscimenti dai nomadi che lo ospitano ( dopotutto è un egiziano e, come a lui pare ovvio, non può che emergere presso la comunità straniera che lo ha accolto!) poiché dentro di se la consapevolezza di avere anch’egli infranto la sua Maat lo tormenta. Molti anni dopo, infatti, il rimorso e la nostalgia che lo attanagliano hanno il sopravvento: chiederà il perdono al suo vecchio Principe, che è divenuto Faraone con il nome di Sesostri I, lo otterrà, e ritornerà in Egitto accolto dal suo antico signore come un figliol prodigo ( i miti biblici sono in realtà tutti molto più antichi della “ Scrittura” e sono patrimonio comune di molti popoli antichi).
Ecco compiuta la perfetta metafora di Maat, che, chiudendosi il cerchio con il ripristino dei valori disattesi o violati, potrà tornare a regnare sull’Universo e ricaccerà lontano dai cuori il pericolo del Caos Primordiale dando all’Egitto e ai suoi abitanti la tanto desiderata Stabilità ( Djed).
Leggi anche la mia presentazione per conoscermi meglio.
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