La Religione, gli Dei del potere e gli Dei degli umili : prima parte

GLI DEI MAGGIORI

Quando parliamo di Religione (gli Dei del potere e gli Dei degli umili), nell’antico Mondo Egizio, dobbiamo avere ben presente che non tutti gli aspetti rituali e teologici erano patrimonio universale, così come sono, invece, il sentire trascendente e la pratica religiosa nella nostra moderna cultura occidentale.

L’”Olimpo” degli Dei principali, che per comodità chiamerò “del Potere”, era accudito e venerato dal solo Faraone in quanto tramite esclusivo fra la Divinità e il Mondo dei Vivi e da un clero selezionato e specializzato che si occupava di ogni aspetto della speculazione trascendente e della divinazione, oltre all’amministrazione dei beni dei Templi, delle Scuole superiori, degli studi astronomici, dell’organizzazione delle frequenti festività e del quotidiano accudimento della statua del Dio nel suo Naos in fondo al Tempio.

Il Dio Ra nella sua forma Ra- Harakhti ( evoluzione con l’identificazione sincretica di Ra e del Dio Falco Horus) accompagnato dalla Dea Amonet, signora dell’Occidente
Il Dio Horus in forma di falco, figlio di Osiride e di Iside, Re degli Dei nella cosmogonia Eliopolitana
Amon di Tebe, Dio locale del Nomo Tebano: assurge al ruolo di Re degli Dei con la XII Dinastia, quando Tebe diventa la capitale dinastica. In questa immagine è raffigurato nella sua forma ultima di Amon-Ra ( vedere il disco solare tra le piume del diadema), quando fu compiuto il sincretismo con il Dio solare Ra.

GLI DEI DEL POPOLO

Il popolo non poteva accedere al culto, ai misteriosi riti né poteva partecipare alle speculazioni teologiche.

Non che la gente comune non conoscesse, amasse o venerasse gli Dei del Pantheon Maggiore, semplicemente non aveva alcuna confidenza con loro, né era in grado di assimilare l’astrazione e la complessità di una costruzione del trascendente dove convivevano tutte le antiche credenze locali, intrecciate e adattate tra loro fino al sottile confine dell’illogico.

La lingua stessa e i simboli del mondo religioso non appartenevano al lessico quotidiano e si ammantavano di quel tanto di misterioso che serviva a escludere la gente comune dalla necessità di comprendere e condividere.

UNA RELIGIONE DI STATO?

Il mondo degli “ Dei del potere”, dopotutto, denunzia in modo abbastanza scoperto l’influenza politica che, dopo aver creato una “Religone di Stato”, rappresentata da una unità sinergica di tutti i culti ancestrali, adottò l’espediente di usare il Clero in funzione di potere delegato al servizio della Corona.

I comuni mortali, per parte loro, non avevano neppure le doti cognitive e culturali per addentrarsi nelle complicate e tortuose meditazioni trascendenti e, piuttosto, orientavano la loro spiritualità collettiva a entità sopranaturali più vicine e comprensibili, a Divinità benevolenti, dotate di ascolto, che li aiutassero nel faticoso percorso della vita e li sostenessero nei momenti difficili, nella malattia e nella morte.

Questo altro mondo di devozioni ingenue e sincere, di accorate preghiere, è ciò che io chiamo Culto “ Popolare”.

UNA CELEBRAZIONE SACRA; LA GRANDE FESTA DI OPET

Per esplorare a titolo di esempio il vissuto rituale della celebrazione degli “Dei del potere”, immaginiamo di fare insieme un breve viaggio nel tempo fino all‘Antica Tebe, in un anno qualunque del Nuovo Regno (1580-1080 AC circa) per spiare, occhieggiando nascosti e invisibili, lo svolgimento della Festa di Opet, celebrazione annuale del ricongiungimento magico fra il Re degli Dei, Amon, e la moglie Mwt.

La dea Mwt, moglie di Amon e titolare del Santuario di Luxor
Il Dio Khonsw, figlio di Amon e Mwt. Si noti la grande treccia laterale dalla tempia destra sul cranio rasato, tipica dell’acconciatura dei bimbi, in contrasto con i lineamenti da giovane o da adolescente. Si tratta di una simbolica allusione al ruolo di ” Figlio”.

La Statua di Amon, celata per tutto l’anno nel buio del suo sacello ( Naos) in fondo al grande Tempio di Tebe nord ( attuale Karnak), veniva prelevata e portata in processione sino a Tebe sud (attuale Luxor), al Tempio di Mwt e Khonsu ( moglie e figlio del Dio), dove era posta per alcuni giorni accanto alla statua della consorte affinché l’amplesso coniugale, simbolo della eterna rinascita alla vita degli uomini e della natura, potesse magicamente rinnovarsi.

IL TEMPIO, DIMORA DEL DIO

La struttura del Tempio non si discostava da quella di moltissimi altri, secondo un canone architettonico sostanzialmente uguale a se stesso per millenni.

In realtà il Tempio di Amon a Karnak ( Tebe Nord) aveva l’ingresso allineato in direzione nord-sud e il viale delle sfingi, qui disegnato verso l’imbarcadero, proseguiva per tre chilometri sino alla facciata del Tempio di Mwt a Luxor ( Tebe Sud).

L’ingresso era incassato fra due grandi piloni trapezoidali, che sul fronte avevano statue colossali del Faraone e altissime aste reggenti enormi stendardi sventolanti con le insegne divine, e dava accesso a un primo cortile chiuso sui fianchi da alte mura.

Ricostruzione idealizzata dell’ingresso del Tempio di Amon, Karnak.
Ingresso del Tempio di Mwt e Konsw, Luxor.

Un altro ingresso, fra una seconda coppia di piloni, introduceva in un successivo cortile, fiancheggiato da portici colonnati e ancora a cielo aperto.

Una terza coppia di piloni incombeva sull’ingresso di un’altra sala, interamente colonnata e coperta con un tetto piano rialzato al centro, che prendeva luce solo da fessure laterali nelle pareti del rialzo.

Ricostruzione prospettica della grande sala ipostila di Karnak. Da notare la copertura piana e le pareti del rialzo con fessure verticali per dirigere all’interno una luce obliqua.

La foresta di enormi colonne incise e dipinte e le pareti interamente occupate da bassorilievi a colori vivaci, suscitavano suggestioni irreali nella penombra obliqua che nasceva dai lucernari.

Ciò che ancora possiamo vedere della grande sala ipostila di Karnak.

Da questa sala una porta introduceva nella parte più intima e segreta del Tempio, immersa nel buio più assoluto, che, dopo un corridoio anch’esso colonnato, custodiva il sacello con la statua del Dio cui era dedicato il Santuario. A lato alcune stanzette cieche destinate alla custodia delle offerte,dei prodotti per la vestizione e la purificazione dell’immagine Divina, degli unguenti e degli oggetti cultuali.

La Grande Cerimonia aveva inizio con l’arrivo del Re e della Corte su barche Sacre all’imbarcadero del Tempio.

Il primo cortile, abitualmente spoglio di elementi architettonici ma talvolta dotato di statue colossali e di bassorilievi alle pareti, era l’unico spazio consentito anche alla gente comune.

Nel secondo cortile, dove sovente erano eretti tabernacoli o tempietti di natura votiva, potevano accedere solamente il Faraone, i suoi familiari, le alte cariche dello Stato, i sacerdoti, i cantori e le cantatrici coi fumigatori d’incenso.

Nella penombra della sala ipostila il numero degli officianti si riduceva ai più stretti familiari del Re, alle massime cariche dello Stato, agli altissimi gradi del Clero e ad alcuni sacerdoti addetti al servizio dell’Immagine del Dio.

Ma nel cuore della Dimora Divina ( Hwt Necer), nel Sancta Santorum dove riposa la Sacra Statua, può accedere solo il Faraone, unico officiante dei riti misteriosi, accompagnato dal sacerdote più alto in carica ( “ Primo Profeta”) e dai preti addetti alla cura del Dio.

Sacerdote con la pelle di leopardo da cerimonia reca in offerta un gigantesco mazzo di cipolle.
Statua stante del Secondo Profeta di Amon Aanen, raffigurato nella sua prerogativa di Sacerdote Astronomo ( il mantello è puntellato di stelle). Aanen fu un personaggio di grande prestigio: fratello della Regina Tiy, Grande Sposa Reale di Amenhotep III e madre di Akhenaton e di Ay, altissimo funzionario e Visir che ascese al trono alla morte di Tutankhamon. Questa statua al 75% della grandezza naturale è uno dei pezzi di grande pregio del Museo Egizio di Torino

Il RITO

Il popolo, tenuto a distanza da un cordone di severe guardie nubiane, ha assistito all’arrivo della barca reale dalla quale scendono il Faraone, la Grande Sposa reale e alcuni Principi cui si accodano i Notabili arrivati con le imbarcazioni del seguito.

La Grande Barca Processionale con il baldacchino chiuso a forma di tabernacolo. L’immagine del Dio non veniva mostrata in pubblico.

Assiepata e pigiata in ogni angolo del piazzale, oltre ai pochi fortunati che hanno potuto intrufolarsi nel primo cortile,la moltitudine si gode la visione, spesso unica occasione nel corso della vita, del suo Sovrano,della regina, delle Dame, dei Potenti, dei vestiti sontuosi, dei gioielli, delle danze.

Iniziano i canti sacri, modulati con voce alta e stentorea dai sacerdoti cantori e sacerdotesse cantatrici accompagnati da flauti, tamburelli e tintinnio di sistri. La processione procede verso l’interno e la voce dei cantori scende di qualche tono mentre gli ambienti, via via più chiusi,rendono un’eco bassa e vibrante. Al momento di accedere al Sacello, saturo di fumi di incenso e terebinto, la voce si fa cantilena roca e profonda nella quale è impossibile distinguere le parole.

La piccola porta si serra alle spalle del Re che officia i Sacri Misteri nel più solenne segreto.

LA GRANDE PROCESSIONE

Quando si riaprono i battenti il Dio, paludato con vesti preziose, adagiato nella sua Barca Cerimoniale ma celato dentro un baldacchino chiuso, appare per primo su una portantina munita di lunghe stanghe e sorretta dai sacerdoti portatori. Segue il Faraone e, mano a mano che che il corteo torna verso la luce, si aggiungono coloro che non avevano avuto accesso al cuore del Santuario.

La portantina divina: Amon, nella sua Barca Sacra e nascosto alla vista nella cabina a forma di tabernacolo, viene portato in processione sulla portantina sorretta da 18 sacerdoti e un caposquadra.

Anche i canti, passo dopo passo, riprendono toni sempre più alti e squillanti come a celebrare l’uscita della Divinità al Sole e al Mondo dei Vivi.

Dal tempio la processione prenderà la via fluviale con una lunga teoria di barche dietro quella del Dio verso il punto dove si svolgerà la seconda parte dei riti.

Sulle rive il popolo è assiepato all’inverosimile, accampato all’aperto spesso da più giorni per non perdere un posto privilegiato da cui assistere al corteo, evento quasi magico che sarà occasione di lunghi racconti e fantasiose vanterie nelle lunghe serate in famiglia o con gli amici.

Il contatto degli uomini comuni con gli Dei Maggiori non andava oltre a questa lontana e fuggevole visione e all’ascolto quotidiano delle litanie dei sacerdoti, in lontananza, delle quali era inutile cercare di comprendere il senso perchè espresse in un linguaggio criptico e iniziatico.

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