Erodoto di Alicarnasso, importantissimo storico greco del 5° secolo A.C., non si limitava alla ricerca sui testi e sulle memorie tramandate dai suoi predecessori; volle rintracciare personalmente le fonti e, dotato di uno spirito curioso e intraprendente, dedicò molta parte della sua vita ai viaggi nei paesi che si affacciavano sul Mediterraneo.
Intorno agli anni 460/450 A.C. le sue peregrinazioni lo portarono a visitare l’Egitto dove, affascinato da quella Civiltà e dal bagaglio di Storia che il Paese portava sulle sue spalle (già allora erano passati circa duemilacinquecento anni da che l’Unificazione delle “Due Terre” aveva dato inizio allo Stato Faraonico), decise di sostare laggiù per non meno di quattro mesi.
Ai suoi occhi Kemet ( questo il nome con il quale gli antichi egiziani chiamavano il loro Paese: “ La Terra Nera”) rappresentava molte cose: l’interrogativo che riguardava la mitica potenza che, per molta parte di quei duemilacinquecento anni, rese l’Egitto il Paese Egemone del mondo allora conosciuto; lo stupore per l’incredibile longevità di un complesso di cultura, religione e organizzazione statale che dava l’immagine, peraltro solo apparente, di una Società incrollabilmente legata al suo passato e stabile, quasi immobile, nelle sue credenze ed abitudini; infine il mistero legato alla religione, alla lingua e a quella strana forma di scrittura che già a quell’epoca affascinava per la sua criptica espressività.
Quando egli arrivò in Egitto questo aveva già perduto, per la seconda volta nella sua storia, l’indipendenza politica. La strapotenza militare persiana, sotto Cambise, aveva sottomesso Kemet che era diventata una Satrapia dell’impero Achemenide. Ma ciò che stupì Erodoto fu che, almeno per quanto riscontrava, la sostituazione dei regnanti e di parte della classe nobile, non aveva intaccato usi, costumi, credenze, organizzazione dello stato e della burocrazia in essere dalla notte dei tempi. Ai suoi occhi ammirati pareva che sul territorio i conquistatori fossero i conquistati, e che i meccanismi di funzionamento dell’antica struttura di comando fossero stati cooptati senza alcuna riserva dai nuovi padroni.
Erodoto fu il primo ricercatore che fece una analisi puntuale e documentata delle informazioni e dei miti; raccolse voci, testimonianze e lesse i testi che gli archivi degli antichi templi ancora conservavano con religiosa diligenza.
Oggi l’Archeologia, la Scienza e lo studio sistematico della immensa mole di reperti hanno portato la conoscenza a livelli che lo storico greco non avrebbe mai potuto sperare di raggiungere, ma a lui si deve l’espressione più esplicativa, acuta e stringata con la quale fu mai descritto l’Antico Egitto: “ L’Egitto è un dono del Nilo” scrisse, e forse non ebbe neppure la percezione di quanto questa sua definizione, apparentemente asciutta e un po’ sbrigativa, fosse invece la più realistica e incontrovertibile tra tutte quelle possibili.
Vediamo perché!
Se osserviamo con attenzione la cartina geografica che rappresenta la parte nord orientale dell’Africa, il Sinai, e la Palestina vedremo che il territorio dove si sviluppa il corso del Nilo nei suoi ultimi 1200 chilometri circa, appunto l’Egitto, presenta ai suoi margini questi confini:
A est una larga striscia di deserto roccioso, aspro e montagnoso che da ultimo si affaccia sul Mar Rosso
A sud, dopo l’Attuale Assuan, il territorio è ugualmente desertico per ancora centinaia di chilometri, salvo una sottile striscia verde lungo le rive del Nilo; inoltre, proprio a partire da Assuan, il corso del fiume è ostacolato da una serie di cateratte ( cinque con l’ultima che è ormai alle porte dell’Africa Nera) che rendono impossibile la navigazione
A ovest la sterminata area del deserto sahariano, in parte sabbioso e in parte di montagne sassose e rocciose, punteggiata di alcune oasi, la più importante delle quali è la depressione del Fajum a sud ovest dell’attuale città del Cairo, dove, intorno a un grande lago, terreni fertili e ricchi avevano consentito da tempo immemore lo sviluppo di una sofisticata civiltà neolitica
A nord il Mare Mediterraneo, dove sfociavano gli innumeroveli bracci e canali che costituivano il Delta del fiume.
A nord est, invece, si apriva la porta di comunicazione dell’Egitto con i popoli e le civiltà che già prosperavano sulle rive del Mediterraneo ( i Fenici che occupavano la fascia costiera dell’attuale Libano) e tutto il grande arco di stati che occupavano l’attuale Palestina, la Turchia, la Mesopotamia, la Siria e via sino a Babilonia, la Bagdad Irachena dei nostri giorni. Si trattava di una strettoia pianeggiante, larga quanto è lungo il recente Canale di Suez, che si stendeva fra il Mare Mediterraneo e la propaggine settentrionale del Mar Rosso.